Il recente episodio di violenza avvenuto a Napoli nei confronti di un quattordicenne, e il più recente caso di Torino, spingono a riflettere nuovamente sul delicato tema del bullismo tra i più giovani.
Abbiamo rivolto alcune domande al dr. Guglielmo Campione, medico psicoterapeuta e psicoanalista, per cogliere alcuni degli aspetti psicologici che muovono ragazzi apparentemente normali a imporre la loro autorità sui più deboli con le logiche della violenza e della paura.
Non avviene soltanto in ambito scolastico, dove i ragazzi convivono per parte della giornata, ma anche nei luoghi pubblici, nelle sedi sportive e ricreative, dove si passa il tempo libero. Tra questi luoghi, quali sono i più soggetti al bullismo e perché?
Ciò che accomuna i luoghi del bullismo è la possibilità che i soggetti si riuniscano in gruppo senza la mediazione di adulti: non c’è bullismo senza gruppo, perché il gruppo rappresenta la possibilità di un teatro con un pubblico che assiste. Questo rende particolarmente godibile, sadicamente purtroppo, lo spettacolo per il gruppo e terrificante per la vittima. Da un punto di vista geografico le aree metropolitane e suburbane sono quelle interessate prevalentemente. Oggi, il luogo principe del bullismo è diventato il web, per la possibilità di svolgere in segretezza, senza adulti e con la possibilità di poter contare su un pubblico vastissimo. Si parla di Cyber bullismo.
Qual è il collegamento tra bullismo e collocazione sociale degli aggressori o dei luoghi? Gli atti di bullismo possono essere direttamente collegati ad ambienti sociali più problematici, o questo è un fattore secondario?
Si conoscono fenomeni di bullismo sia fra soggetti di classi sociali svantaggiate che fra soggetti di classi agiate.
Ciò che accomuna è l’abbandono in termini educativi da parte degli adulti o la celebrazione della prepotenza e della violenza come mezzo di affermazione sociale.
L’aggressione dei bulli avviene in gruppo: di solito c’è il “capo” del clan che, più grande degli altri, esercita la sua prepotenza nei confronti della vittima. In che modo l’essere appoggiato da un gruppo dà più forza al capo? La ricerca di un gruppo che giustifica i suoi atti violenti, può essere l’espressione di una mancanza, per esempio, quella di punti di riferimento affettivi (la famiglia)?
Gli esperti di psicologia di gruppo si dividono fra chi crede che sia il gruppo a eleggere un “capo”, e chi ritiene che sia il capo a formare il gruppo. Il leader ha caratteristiche di personalità aggressive, trasgressive, non conformi alla morale, che permettono ai gregari di depositare in esso le proprie parti aggressive e vederle agire senza farsi carico direttamente delle conseguenze. Il capo, come nel caso di Napoli, può venire scaricato se le cose si mettono male. In adolescenza il gruppo si sostituisce sempre all’autorità dei genitori e degli adulti in genere, ma acquisisce valore assoluto soprattutto in casi in cui in famiglia non ci sono adulti a rappresentare un bilanciamento in termini di autorevolezza e un’occasione di confronto e ascolto.
La storia familiare di un bullo quanto è importante? Esistono condizioni familiari che, con buone probabilità, generano un bullo?
La storia familiare è fondamentale: si tratta di famiglie in cui gli adulti sono trasgressivi, aggressivi e antisociali e rappresentano modelli eroici da imitare oppure sono assenti, o sottilmente violenti sia in senso fisico che psicologico ed educativo; allora o c’è l’emulazione del capo banda e/o non c’è la possibilità di raccontare le proprie storie di gruppo, magari all’inizio della sua formazione e deviazione sociale, e trarne un confronto oltre che un controllo.
Perché l’assenza di punti di riferimento, storie di violenza in famiglia o altri traumi dell’infanzia, possono spingere un ragazzo a esercitare violenza su uno più debole?
Il meccanismo chiave del bullismo e del sadismo che ne è la classe di appartenenza è il dolore e la vergogna: violenze subite e traumi hanno generato vergogna che conduce all’ annientamento del senso di sé, della dignità, dell’amore di sé: la cosa più grave che possa accadere e che puo spingere molto spesso sino al suicidio o all’omicidio. Ciò succede quando il soggetto non ha avuto la possibilità di “digerire emotivamente” la violenza ed usa l’azione per essere sicuro che questa volta è dalla parte di chi infligge dolore.
Spesso i bulli agiscono perché sono “annoiati”. L’assenza di interessi e occupazioni genera una frustrazione che si sfoga attraverso la violenza. Come avviene questo fenomeno? In una società in cui i ragazzi sembrano annoiarsi sempre più spesso e privarsi di interessi, il fenomeno del bullismo è a rischio crescita?
La questione della noia io la interpreto così: i bulli agiscono perché hanno sviluppato una predilezione per il rischio e le forti emozioni di cui è satura la produzione televisiva e cinematografica particolarmente invasiva e ipnotica, senza che ve ne sia consapevolezza. Si crea un’assuefazione alle emozioni forti al cui confronto ogni altra cosa è noiosa.
II rischio crescita non è ormai più un rischio potenziale ma purtroppo una realtà psicopatologica in rapida espansione.
La violenza del bullo esprime spesso la difficoltà di entrare in contatto con le proprie emozioni ed esternare la propria interiorità. Le famiglie e la scuola hanno quindi un ruolo di primo piano nell’educare i giovani a esprimersi: perché reprimere le emozioni porta a questi atti? Come possono intervenire le famiglie?
Non si tratta di reprimere le emozioni: spesso i leaders invece soffrono di disturbi di controllo degli impulsi (spesso erroneamente interpretati dal gruppo come coraggio e sprezzo del pericolo). Agiscono invece che pensare, evacuano le loro sensazioni corporee che non sono neanche arrivate ad essere emozioni. Tratti comuni agli adulti che in futuro diventeranno più facilmente tossicomani, sex addict, giocatori d’azzardo o implicati in sport e attività ad alto rischio. Le famiglie possono e devono soprattutto prevenire essendo consapevoli della gravità degli atti, esercitando un controllo e chiedendo aiuto se non sono capaci di fare altro.
Bullismo uomo/donna: esistono delle differenze?
Il bullismo è prevalentemente ma non esclusivamente maschile perché è prevalentemente maschile la modalità di sviluppo attraverso il confronto con il rischio: una specie di rito iniziatico, di cui purtroppo non v’è piu traccia nella nostra società, ma senza adulti a fare da testimoni al superamento della prova e all’entrata nel mondo adulto, come invece avviene nelle società tradizionali.
Che tipi di disturbi psichici possono essere alla base del bullismo? Una personalità borderline è più incline alla violenza di gruppo?
Come dicevo prima, i disturbi piu frequenti sono l’antisociale e il disturbo da controllo degli impulsi, oltre a orientamenti sadici e quindi all’ambito delle cosiddette parafilie o perversioni.
Per concludere: l’educazione trasmessa ad un bambino (valori ed affettività) determinano il suo percorso sociale e il suo rapporto con gli altri. I genitori e gli educatori, a cosa devono fare attenzione e cosa devono evitare? Come va rieducato/curato un bullo e reinserito nella società?
E’ difficile evitare di essere genitori devianti, se a propria volta si è stati figli fatti oggetto di abbandoni o violenze, seppure sottili e non eclatanti. Ci auguriamo che almeno possano rivolgersi a chi è in grado di aiutarli. La suocera del 24enne napoletano intervistata che dice di essere fiera di avere un genero così, che non si tratta di tentato omicidio e che si trattava di uno scherzo, appare senz’altro scandalosa, ma la dice lunga sul livello di complicità o copertura genitoriale, e fa il paio con i moltissimi genitori narcisi che assediano e aggrediscono verbalmente gli insegnanti se valutano a scuola con maggiore severità il loro figlio.
Un bullo va curato da uno psicoterapeuta puntando il focus del trattamento sull’empatia che manca in questi soggetti, la capacità di provare a mettersi nei panni degli altri e provare il loro dolore. Purtroppo un deficit di intelligenza sociale ed emotiva fa del bullo potenzialmente un criminale adulto.