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Come far capire agli insegnanti le difficoltà di un figlio invalido?

Buongiorno. Mio figlio ha 20 anni, è affetto da esostosi multipla dall'età di 3 anni ed ha subito almeno 3 o 4 interventi. Oggi frequenta la quinta superiore ed è da tempo che esce di scuola stanchissimo e deve subito mettersi a letto per recuperare le forze ed a riguardo, almeno 2 medici mi hanno fatto capire che è la malattia stessa che provoca questa stanchezza. Il problema poi si amplifica con la scuola poichè è da anni che cerco di far capire agli insegnanti che questa stanchezza condiziona anche l'impegno scolastico di mio figlio in modo non indifferente e, nonostante i certificati ed il foglio di invalidità, seppur al 46%, loro mi fanno sempre un sorrisino ironico mostrando il loro scetticismo e direi anche insensibilità ogni volta che espongo loro l'argomento, sentendomi così umiliato ed impotente nel tutelare mio figlio. Come posso fare per farlo capire? Io e mia moglie siamo ormai stanchi. Grazie.

Risposta

Salve, ti ringrazio per questo tuo scritto che racconta con chiarezza, ma soprattuto con grande forza personale, la storia della tua famiglia. Oggi le azioni possono essere diverse, purchè la malattia stessa sia diversamente "pensabile". Ovvero: "Se non possiamo cambiare la realtà, allora cambiamo gli occhi con il quale vederla". Credo che tuo figlio, oltre ad essere affetto da una malattia, sia portatore di salute: risorse, abilità, virtù. Esculapio (dio della medicina nell'antica grecia) aveva 2 figlie, Igea (salute) e Panacea (guarigione intesa come cura). Entrambe le 2 dimensioni sono sempre contemporaneamente presenti in tutti i sistemi e non si escludono a vicenda. Quindi, la malattia così come la salute sono processi vitali dinamici e non di stato. C'è poi l'importante discorso dell'uso della parola. Le parole infatti possono essere muri oppure ponti. Possono creare distanze o aiutare la comprensione dei problemi. Quando si comunica quindi bisogna scegliere con cura le parole con le quali lo facciamo. Invalido così come disabile sono aggettivi che intendono un'interazione inamica fra le persone disabili e l'ambiente. Il problema è che entrambi non vengono più usati e quindi percepiti più come aggettivi, ma sono utilizzati spesso come sostantivi. Persona con disabilità o con invalidità è molto diverso che dire "disabile" "inabile" tout court. Inoltre, sempre in riferimento all'importanza di un uso consapevole della parola, i prefissi "in-valido" e "dis-abile" connotano entrambe le parole per sottrazione, quasi a voler togliere in un processo automatico, valore alla stessa condizione umana. Nel pratico, le possibilità di azione sono diverse, sempre derivanti dall'uso corretto della parola. Oggi, esistono molte formule per "raccontare" una malattia. Narrare qualcosa significa restituire il giusto significato alla realtà. Condividere la propria storia produce effetti "salutari": sostegno sociale, sviluppo di resilienza, self empowerment, crescita personale, collaborazione, sviluppo di rete. Le forme di narrazione e di condivisione sono diverse. Molte provengono dalla possibilità che ci vengono dai social, ma anche da incontri di sensibilizzazione organizzati con e attraverso associazioni di malati operanti sul territorio. L'idea di cercare poi un supporto tra chi vive la nostra stessa condizione è particolarmente utile perchè evita il senso di affaticamento e di isolamento.

Ti saluto molto cordialmente. Buona vita a te.

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Risposta a cura di
Simona D'Arcangeli Psicologo
Simona D'Arcangeli
psicologopsicoterapeuta
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