icon/back Indietro Esplora per argomento

Tumore alla prostata: la terapia ormonale aumenta il rischio cardiaco?

Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Ultimo aggiornamento – 29 Gennaio, 2018

Terapia ormonale per il tumore alla prostata? Sono molte le evidenze scientifiche che consolidano un’ipotesi lungamente dibattuta, ovvero il legame della terapia ormonale con un aumentato rischio di malattia cardiovascolare.

Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici si sono infatti posti l’obiettivo di verificare se l’ormonoterapia per il tumore alla prostata producesse un aumentato rischio di patologia cardiovascolare, ma le evidenze raccolte sono state piuttosto discordanti. Ad oggi, però, un recente studio sembra essersi mostrato rivelatore. Vediamolo insieme.

Terapia ormonale e carcinoma prostatico

Il tumore alla prostata può essere trattato con un trattamento noto come terapia di deprivazione androgenica, che va a privare le cellule tumorali di una sostanza essenziale per la loro crescita: il testosterone.

In particolare, la deprivazione androgenica può essere ottenuta in modo chirurgico, con l’orchiectomia bilaterale o attraverso l’utilizzo di farmaci che inibiscono l’azione del testosterone. La seconda strategia è quella più diffusa.

L’ormonoterapia è considerata una strategia utile per aggredire il tumore, sia in fase iniziale (carcinoma prostatico localizzato) sia in fase avanzata. Il carcinoma prostatico localizzato è uno dei tumori che ha visto incrementare il numero di diagnosi negli ultimi anni, soprattutto perché disponiamo di strumenti diagnostici migliori, come il dosaggio di un marcatore biologico: l’antigene prostatico specifico (PSA, dall’inglese prostate-specific antigen).

Combinata con la radioterapia, l’ormonoterapia ha maggiore successo rispetto alla sola terapia radiante, soprattutto nei tumori in stadio avanzato o in caso di recidiva di malattia. Addirittura, nei casi di tumori troppo estesi o con metastasi che non possono essere trattati con chirurgia o per i quali la radioterapia non sarebbe sufficiente, si usa esclusivamente la terapia ormonale.

Gli effetti collaterali dell’ormonoterapia

Come tutte le terapie, anche l’ormonoterapia per il tumore alla prostata ha degli effetti collaterali, dovuti proprio alla deprivazione androgenica, quindi alla mancata azione degli ormoni androgeni.

Gli effetti collaterali della terapia ormonale per il carcinoma prostatico, quindi, includono:

  • Riduzione della libido
  • Disfunzioni erettili
  • Gonfiore del tessuto mammario o ginecomastia
  • Sudorazione
  • Vampate

Tali effetti tendono a risolversi spontaneamente dopo qualche mese dalla sospensione della terapia. Vi sono poi altri effetti collaterali specifici rispetto ai farmaci che vengono utilizzati per indurre la deprivazione androgenica.

Mentre gli effetti avversi sopracitati sono stati ben documentati, è ancora discussa la possibilità che la terapia ormonale per il trattamento del carcinoma prostatico aumenti il rischio di malattia cardiovascolare.

Molti studi, infatti, hanno indagato il possibile legame tra la deprivazione androgenica e le malattie cardiovascolari, ma hanno raggiunto conclusioni conflittuali.

Recentemente, sulla rivista scientifica British Journal of Cancer, è stato pubblicato uno studio, condotto dalla dr.ssa Reina Haque che riporta dei dati interessanti per dissipare i dubbi sulla questione. L’indagine ha considerato un campione di oltre 7000 pazienti con una diagnosi recente di carcinoma prostatico localizzato. Il 30% di questi pazienti era stato sottoposto a ormonoterapia per circa un anno.

Lo studio ha coinvolto un numero di pazienti ben più grande rispetto alle indagini precedenti: ha esaminato 10 diversi esiti cardiovascolari e suddiviso la popolazione per etnia, età, caratteristiche del tumore, malattie cardiovascolari preesistenti ed eventuali terapie in atto.

Ormonoterapia e rischio cardiovascolare: ecco il legame

Le analisi condotte hanno evidenziato che tra i pazienti che non avevano patologie cardiovascolari preesistenti al trattamento con l’ormonoterapia, il rischio di insufficienza cardiaca aumentava dell’81%.

Invece, per gli uomini già affetti da patologia cardiovascolare e in trattamento con la deprivazione androgenica, il rischio di aritmia aumentava del 44%, mentre il rischio di alterazioni della conduzione elettrica cardiaca triplicava.

Il maggior rischio di malattia cardiovascolare per i pazienti in trattamento con deprivazione androgenica potrebbe, secondo gli autori dello studio, essere causato dall’aumento della massa grassa indotta dalla riduzione del testosterone. Sovrappeso e obesità, infatti, sono noti fattori di rischio per lo sviluppo di questo tipo di malattie. Inoltre, la riduzione dei livelli di testosterone causa alterazioni del profilo lipidico, ipertensione e aumenta i livelli dei fattori pro-infiammatori.

Come detto, la terapia ormonale per il carcinoma prostatico è una valida e preziosa strategia di trattamento, ma questo nuovo studio sottolinea che essa può esporre i pazienti allo sviluppo di malattie cardiovascolari. Una possibilità che è stata lungamente dibattuta, ma che ora sembra avere contorni reali.

Il consiglio degli autori dello studio è rivolto ai medici, i quali dovrebbero identificare i pazienti più a rischio di malattia cardiovascolare, controllarli regolarmente attraverso esami specifici e incoraggiarli a praticare attività fisica. Inoltre, occorre ricordare che il rischio di malattia cardiovascolare interessa anche i pazienti sottoposti a ormonoterapia per il tumore della prostata, che non hanno storia di malattia cardiovascolare.

Condividi
Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche
Scritto da Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Da sempre interessata alla divulgazione scientifica e con un'implacabile sete di conoscenza che vorrei condividere, sono Biologa, laureata in Biotecnologie Mediche e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche. Svolgo sia attività libero professionale di Biologo Nutrizionista sia attività di ricerca, presso l’Università "La Sapienza" di Roma.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
icon/chat