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Si può vivere più a lungo senza mangiare o senza dormire?

Roberta Nazaro

Ultimo aggiornamento – 17 Novembre, 2017

Si può vivere più a lungo senza mangiare o senza dormire?

Ci sarà un motivo per cui dormire e mangiare sono annoverati fra i più bei piaceri della vita. Non è solo una questione legata alle sensazioni, ma una vera e propria necessità connaturata al nostro organismo.

Mangiare, bere e dormire sono le attività che mantengono in vita il corpo e che gli permettono di dare vita a tutte le reazioni chimiche necessarie. Nonostante fenomeni dilaganti, quali i respiriani, ossia gente che afferma di poter vivere esclusivamente nutrendosi di aria, mangiare e dormire sono indispensabili per sopravvivere.

Ma è possibile vivere più a lungo senza mangiare o senza dormire? Analizziamo insieme i pericoli per chi si astiene per lunghi periodi dal sonno e dal cibo, per soddisfare infine questa curiosità.

Per quanto tempo è possibile resistere senza mangiare?

Il corpo, per poter mettere in atto tutte le attività che gli permettono di vivere, ha bisogno di energia. La fonte primaria di tale energia è il glucosio: tutti gli alimenti vengono ridotti prima in glucosio e poi nella forma definitiva che da energia, ossia il glicogeno. Senza di esso i muscoli perdono tono, il cervello perde lucidità, le ossa si sfaldano e gli organi smettono di funzionare.

Ma procediamo per gradi: dopo due giorni di digiuno, il corpo non ha più scorte di glicogeno, così attinge dalle riserve. Dopo quattro giorni, finite anche le riserve di glucosio, l’energia del corpo sarà attivata dagli acidi grassi. Le reazioni chimiche responsabili della degradazione degli acidi daranno vita a un fenomeno molto particolare: uno stato di euforia accompagnato dall’acutizzarsi dei sensi, proprio come se il corpo fosse sotto l’effetto di qualche droga.

All’alba della seconda settimana di digiuno, l’organismo ha terminato tutte le fonti di energia disponibili e comincia così un processo molto simile al cannibalismo. Infatti, dopo il glucosio e gli acidi, sono le proteine ad essere considerate delle fonti di riserva. Tuttavia, tutto il corpo è costituito da proteine: muscoli, organi e tessuti. Pur di mantenersi in vita, il corpo rallenta il metabolismo, limita il dispendio di energia e inizia a divorare le pareti degli organi interni e dei muscoli, lasciando per ultimo il cervello.

Per arrivare alla morte da digiuno, il corpo impiega circa un mese. Il tempo indicato, però, varia molto in base a salute, età, peso, massa grassa e così via.

E senza dormire?

Sebbene il cibo sia la benzina del corpo, ossia ciò che lo mantiene in vita, il sonno costituisce un’importantissima attività per la salute dell’organismo.

Dormire è infatti considerato una sorta di ricarica, che permette un totale rilassamento, il bilanciamento dei livelli di cortisolo, l’eliminazione delle informazioni inutili acquisite durante la giornata per evitare il sovraccarico e il consolidamento di nuovi comportamenti appresi.

Affinché un sonno sia completamente soddisfacente per la salute, deve durare dalle sette alle nove ore, in base ai soggetti, ma comunque non deve mai scendere sotto le cinque ore. Inoltre, non deve mai mancare la fase REM, che ha una durata media di 10-20 minuti e che è considerata da molti la vera e propria fase di ricarica.

Al giorno d’oggi, sono moltissimi i casi di disturbi del sonno, come insonnia e disturbo del ciclo sonno-veglia, tipico di chi fa un lavoro che prevede il cambio del turno molto spesso, come medici, infermieri, operai di fabbrica e così via.

Lo stress è un’altra componente da non sottovalutare. Apparentemente, la vita di tutti i giorni sembra essere sempre più stressante e ciò influisce negativamente sulla qualità del sonno. I soggetti che non riescono a dormire a causa di una forte sensazione di stress accumulata durante l’arco della giornata, assumono dei farmaci per dormire, che tuttavia non migliorano le condizioni di salute, non solo perché restano in circolo per più del tempo necessario, ma anche perché eliminano la fase REM, assolutamente necessaria per un buon riposo.

Il problema della privazione del sonno non influisce unicamente sul sistema nervoso, ma su tutto il corpo. È noto, per esempio, che chi dorme poco tende ad ingrassare. Questo avviene perché l’insonnia influisce negativamente sulla sintesi del glucosio, portando il soggetto a desiderare cibi ad alto contenuto di carboidrati e di conseguenza cibo spazzatura.

Inoltre, la privazione del sonno comporta:

  • innalzamento dei livelli di cortisolo e quindi stress
  • aumento della pressione sanguigna con conseguente rischio di infarto
  • alterazioni ormonali
  • problemi al sistema immunitario
  • ipotermia
  • perdita della memoria dovuta alla morte delle cellule cerebrali

Infine, secondo alcune ricerche, la mancanza di sonno causerebbe dei disturbi della personalità, con allucinazioni di ogni genere, alterazione dell’umore e della percezione della realtà.

Come assicurarsi un buon sonno? Se molto spesso ci si ritrova svegli nel letto, senza il minimo segno di voler dormire, è necessario apportare qualche cambiamento alla vita quotidiana, perché il disagio dell’organismo si riflette nel ciclo sonno-veglia.

Alcune precauzioni utili sono:

  • Routine: cercare di rispettare gli orari e assumere dei comportamenti ripetitivi che permettono al corpo di prepararsi al sonno, come spegnere la TV, indossare il pigiama, spegnere la luce e infine mettersi a letto. È consigliabile non avere la televisione in camera o comunque utilizzare la camera da letto solo per dormire, per permettere al cervello di identificarla meglio come camera del sonno. Inoltre, fare un sonnellino davanti alla televisione prima di andare a dormire non fa bene, in quanto spezza il ciclo del sonno.
  • Mangiare leggero, prima di andare a dormire. Così facendo si evita una digestione pesante e faticosa, che intacca il sonno.
  • Evitare l’attività fisica dopo cena, perché l’esercizio risveglia l’organismo.
  • Evitare l’uso di apparecchi elettronici prima di andare a letto, come computer, tablet e smartphone, perché la luce emessa influisce negativamente sul cervello. Meglio un buon libro che concilia il sonno.

Morire di sonno è possibile?

La morte per mancanza di sonno è il più delle volte associata allo stress, che inasprisce le condizioni di salute, causando per esempio l’infarto.

Gli studi in merito non hanno determinato un tempo preciso di privazione del sonno che porta alla morte. Per esempio, è molto famoso il caso di uno studente, Randy Gardner, che decise di verificare per quanto tempo potesse rimanere sveglio, per puro amore della scienza. Dopo undici giorni di veglia, il ragazzo si è addormentato, per poi svegliarsi dopo 15 ore, senza problemi.

Ecco perché si pensa che la morte per mancanza di sonno sia in realtà da associare allo stress che non permette il riposo, più che alla privazione in sé. È il caso di Moritz Erhardt, un ragazzo ventunenne trovato morto dopo aver lavorato per 3 giorni di fila senza interruzioni. Secondo il medico, la morte era dovuta a mancanza di sonno associata all’esaurimento fisico.

È meglio non mangiare o non dormire?

In conclusione, senza mangiare e dormire si riduce drasticamente l’aspettativa di vita, anche nei soggetti sani. Sostenere quale sia l’alternativa migliore (non mangiare o non dormire?) sembra quasi inutile, e la scienza non è in grado di darci una risposta certa, seppur la domanda appare assai curiosa.

Saltare qualche pasto o qualche sporadica notte di sonno non avrà come conseguenza diretta la morte, ma di certo influirà negativamente sull’organismo e sull’umore. Come sempre, la soluzione è una via di mezzo: avere un’alimentazione controllata e sana e un sonno regolare, senza esagerazioni.

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Roberta Nazaro
Scritto da Roberta Nazaro

Sono insegnante di inglese e traduttrice, con laurea triennale in Scienza e Tecnica della Mediazione Linguistica e specialistica in Dinamiche Interculturali della Mediazione Linguistica presso l'Università del Salento. L'interesse per l'ambito medico mi ha portata al conseguimento del Master in Traduzione Specialistica in Medicina e Farmacologia conseguito presso il CTI di Milano.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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