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Muore a 38 anni per un intervento in laparoscopia: quali sono i rischi dell’intervento?

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Laparoscopia: quali sono i rischi?
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Filippo Chiarello, 38 anni, entra all’ospedale Villa Sofia di Palermo per un semplice intervento in laparoscopia, per calcoli alle colecisti. Ne esce morto, perché il chirurgo gli ha reciso l’aorta addominale, perforando l’intestino.

Quando si è accorto dell’errore, il medico ha cercato di riparare nell’unico modo possibile. “Ho convertito l’intervento in un’operazione standard con il taglio chirurgico, il paziente ha perso tantissimo sangue. Siamo stati anche sfortunati, non trovavamo in tutta la città sangue del suo gruppo. La colecisti era comunque da togliere, era infettata“.

Al termine dell’operazione ha preso la sua decisione – “Ho spalancato le porte della sala operatoria, ho allargato le braccia e ho detto che era colpa mia“. E così, un’operazione di routine si è trasformata in tragedia. Perché è successo?

Laparoscopia: i rischi reali

La laparoscopia è una tecnica diagnostica e allo stesso tempo chirurgica che si distingue per una caratteristica particolare: il suo essere minimamente invasiva.

A differenza della chirurgia tradizionale, infatti, permette all’équipe medica di eseguire determinati interventi utilizzando una strumentazione appositamente predisposta, attraverso alcune piccole incisioni sulle zona addominale e/o ombelicale tramite cui far passare dei sottilissimi tubi, detti trocar, che consentono a loro volta il passaggio degli strumenti chirurgici.

Tutto ciò è possibile grazie all’inserimento del laparoscopio, uno strumento molto simile ad una cannuccia, che presenta una serie di fibre ottiche che fungono sia da sorgente luminosa sia da telecamera. Tutto ciò che viene illuminato e ripreso dal laparoscopio viene poi proiettato in tempo reale su un monitor, in maniera tale che il chirurgo possa orientarsi all’interno dell’addome (o della pelvi) per eseguire correttamente l’intervento.

A differenza della “chirurgia a cielo aperto”, i vantaggi offerti da tale procedura sono innumerevoli. Nonostante ciò, la laparoscopia è ancora associata a una serie di rischi:

  • Lesione a seguito del posizionamento del trocar, un dispositivo che viene inserito nell’addome all’inizio dell’intervento, in modo tale da permettere ad altri strumenti di accedere all’interno dell’organismo. Si può così verificare un ematoma sulla parete addominale, una lesione dell’intestino, una penetrazione dei vasi sanguigni ed infine un’infezione da lesioni ombelicali. Il rischio di tali lesioni aumenta nei pazienti reduci da interventi chirurgici particolarmente invasivi.
  • Ustioni provocate dagli elettrodi utilizzati durante l’intervento, che possono rilasciare corrente provocando una perforazione degli organi e peritoniti.
  • Ipotermia, causata dall’insufflazione di anidride carbonica durante l’intervento chirurgico, necessaria per creare uno spazio per aumentare la visibilità durante l’intervento.
  • Dolori causati dall’anidride carbonica non rimossa dalla cavità addominale, che può creare una pressione sul diaframma e il nervo frenico, causando affaticamento e dolori diffusi.

È innegabile, i rischi ci sono e non sono per nulla banali. Non è un caso che, non appena introdotta, la laparoscopia fu aspramente contestata, per le difficoltà tecniche e perché esponeva il paziente ad un rischio operatorio maggiore rispetto alla chirurgia tradizionale, in particolare in caso di emorragia: il chirurgo, infatti, opera “al di fuori” dell’addome, con conseguente difficoltà a eseguire un’emostasi rapida ed efficace.

Ad oggi, però, l’esperienza maturata in questo campo ed il miglioramento delle tecniche e della strumentazione chirurgica hanno minimizzato tale rischio rendendolo del tutto simile alla chirurgia “open” con alcuni benefici, però, da non sottovalutare.

In primo luogo, il vantaggio principale è rappresentato da un’invasività chirurgica decisamente inferiore rispetto a un classico intervento di chirurgia tradizionale. I tempi di recupero sono inferiori, il dolore è ridotto, l’effetto cosmetico è sicuramente migliore e la degenza in ospedale sempre abbreviata.

Che la storia di Filippo serva da lezione, senza paure o allarmismi.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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