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Resuscitare i morti: una speranza dalla medicina rigenerativa

Simona Fenzi | Blogger

Ultimo aggiornamento – 09 Maggio, 2016

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Leggendo questa notizia si pensa che si voglia provare a realizzare un progetto impossibile o a mettere in atto pratiche degne di un film dell’orrore, ma per la società Bioquark, questo è il futuro. Questa società biotech ha infatti intenzione di rigenerare le cellule cerebrali di individui dichiarati clinicamente morti, attraverso una specifica procedura medica, che prevede anche uniniezione di cellule staminali.

Per portare avanti questo progetto la Bioquark ha chiesto e ottenuto dal Governo americano il benestare per questa sperimentazione. Potrà, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte delle famiglie, reclutare 20 pazienti, per i quali sia stato dichiarato lo stato di morte cerebrale a seguito di lesioni traumatiche.

La tecnica, che verrà utilizzata per rigenerare le cellule del cervello prevede, tra le altre, anche un’iniezione di cellule staminali.

Questa terapia, che comprende anche stimolazioni neuronali e iniezioni di peptidi, durerà alcuni mesi, duranti i quali i pazienti verranno costantemente monitorati, per verificare eventuali cambiamenti. Nel caso in cui la terapia dovesse funzionare, il cervello sarebbe come formattato e ripartirebbe da zero. La cosa è abbastanza inquietante, ma indipendente dal fatto che funzioni o meno, il dottor Ira Pastor, CEO di Bioquark ha affermato che questi studi apriranno nuove vie per capire i meccanismi della morte cerebrale e per affrontare patologie come Alzheimer, Parkinson e stati di coma vegetativo. Pastor spera di avere i primi risultati in 2-3 mesi di tempo.

Cosa sono le cellule staminali?

Nell’esperimento della Bioquark giocano un ruolo importante le cellule staminali. I ricercatori hanno scoperto come queste riescano a chiarire i meccanismi che portano all’insorgere di alcune malattie.

Osservando come queste si trasformano in cellule mature è possibile capire cosa interviene e porta al presentarsi di alcune patologie.

Le cellule staminali sane possono essere usate per curare certi tipi di malattie. È possibile guidarle per farle trasformare in cellule specifiche, che vanno a riparare tessuti malati. Per questo motivo, vengono utilizzate spesso nella medicina rigenerativa.

Questa tipologia di cellule viene usata anche per testare la sicurezza di farmaci sperimentali, per valutarne soprattutto la tossicità cardiaca. Le cellule andranno programmate in base alle cellule specifiche su cui si ha bisogno di effettuare il test. Ad esempio, si possono generare cellule nervose, per testare un nuovo farmaco per qualche malattia nervosa e verificare che questo non possa provocare danni.

Queste cellule così importanti sono prodotte dal nostro corpo e da queste si creano poi altre cellule che hanno specifici compiti. Queste, dette figlie, possono anche diventare nuove cellule staminali, auto-rinnovandosi.

Ci sono diverse tipologie di cellule staminali:

  • Embrionali. Provengono de embrioni di 3-5 giorni, quando ancora questo si chiama blastocita ed è formato da sole 150 cellule. Queste possono diventare qualsiasi tipo di cellula.
  • Adulte. Si trovano, in piccole quantità, nel tessuto osseo e nel grasso. Non sono così versatili come quelle embrionali.
  • Pluripotenti indotte. Sono cellule staminali adulte alterate per avere le stesse proprietà di quelle embrionali. Sono ancora in fase di studio sugli animali, ma sembrano dare buoni risultati.
  • Perinatali. Sono quelle che si originano dal liquido amniotico del cordone ombelicale. Hanno la caratteristica di trasformarsi in cellule specializzate.

I medici vedono quelle embrionali come le più versatili e per questo più adatte a usi terapeutici; quelle adulte potrebbero, infatti, oltre ad avere meno potenzialità, avere anomalie legate a rischi ambientali.

Purtroppo, però, le cellule staminali embrionali generano un grosso problema etico, quello della clonazione terapeutica.

Usando un uovo fecondato dal quale verrebbe tolto il nucleo e successivamente riempito con una cellula somatica del donatore, si otterrebbe così un uovo che si andrebbe a dividere in blastociti.

In pratica, si otterrebbe un clone del donatore e le cellule potrebbero essere trapiantate con un minore rischio di rigetto. Questa tecnica non è ancora stata usata con l’uomo, ma ha avuto successo con molte specie animali.

 

 

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Scritto da Simona Fenzi | Blogger

La scrittura mi ha sempre accompagnata durante ogni fase della mia vita, prima per imparare adesso per diffondere un messaggio. Su Pazienti.it cerco di trasmettere come possiamo prenderci cura di noi ogni giorno, seguendo la regola che volersi bene aiuta a vivere meglio.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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