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Anche il fegato può soffrire di malattie autoimmuni

Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Ultimo aggiornamento – 08 Giugno, 2018

malattie autoimmuni del fegato: sintomi, cause e terapie

Sì, anche il fegato può soffrire di malattie autoimmuni. Si tratta di quadri clinici diversi per severità e decorso. Ma quali sono queste malattie autoimmuni che colpiscono il fegato? Le principali sono tre: epatite autoimmune, colangite biliare primitiva e colangite sclerosante primitiva.

Cerchiamo di capire insieme cosa sono le malattie autoimmuni del fegato.

Epatite autoimmune: dolori alle articolazione e ittero

Con il termine epatite, come ben sappiamo, si indica un’infiammazione del fegato. Ma cosa significa il fatto che sia autoimmune? Facciamo un passo indietro. Una malattia autoimmune è dovuta ad un’alterata funzione del sistema immunitario, che inizia ad attaccare organi e strutture dell’organismo, come se fossero corpi estranei. Quando il sistema immunitario reagisce, si produce un’infiammazione.

Nell’epatite autoimmune, quindi, l’infiammazione è prodotta dal fatto che il sistema immunitario inizia ad agire contro le cellule del fegato, chiamate epatociti.

L’epatite autoimmune si manifesta con maggiore frequenza nel sesso femminile e, di frequente, l’individuo sviluppa anche altre malattie di natura autoimmune. Spesso, si presenta come un’epatite acuta o può essere asintomatica. In alcuni casi, il decorso clinico è rapido e vi sono segni d’infiammazione, anche rappresentati da dolore alle articolazioni o dolore addominale, ed ittero.

La diagnosi è realizzata mediante il dosaggio degli enzimi epatici e di autoanticorpi: quando avviene in tempi brevi, è possibile instaurare rapidamente la terapia immunosoppressiva, evitando complicanze. In generale, se l’epatite autoimmune è ben trattata, la prognosi è buona e la qualità di vita non si riduce, nonostante la cronicità della patologia.

Colangite biliare primitiva: attenzione alla cirrosi

La colangite biliare primitiva (o cirrosi biliare primitiva) è una patologia cronica e a patogenesi autoimmune, che colpisce i piccoli e medi dotti biliari, causando un ristagno cronico di bile (colestasi) e fibrosi (formazione di tessuto cicatriziale).

La patologia si manifesta con maggiore frequenza nelle donne di mezz’età e viene diagnosticata mediante analisi del sangue, con dosaggio di enzimi epatici e di autoanticorpi (in particolare gli anticorpi anti-mitocondrio, AMA) e biopsia epatica. La biopsia epatica consente anche di definire lo stadio della malattia e capire quanto è grave il danno da essa prodotto. L’ultimo stadio della colangite biliare primitiva, infatti, è la cirrosi biliare primitiva.

Attenzione, però. Questa patologia si associa spesso ad altre malattie autoimmuni, che è sempre bene diagnosticare per tempo. Per ciò che riguarda la terapia, oltre a necessarie modifiche all’alimentazione, alle abitudini e allo stile di vita, si utilizza l’acido ursodesossicolico, mentre non vengono utilizzati farmaci immunosoppressori perché poco efficaci nel controllare la malattia.

Colangite sclerosante primitiva: troppo spesso è asintomatica

La colangite sclerosante è una malattia autoimmune del fegato che si manifesta più frequentemente negli uomini. Ad essere colpiti sono i grandi dotti biliari, nei quali si sviluppano fibrosi e stenosi, con conseguente stasi della bile. I dotti biliari, infatti, subiscono un restringimento che ostacola il passaggio della bile, creando numerosi problemi.

Purtroppo, la colangite sclerosante primitiva è asintomatica per lungo tempo, dopodiché si manifesta con:

  • Febbre
  • Diarrea
  • Apatia
  • Inappetenza
  • Perdita di peso
  • Prurito
  • Dolore addominale
  • Ittero

Alcuni sintomi sono riconducibili anche alle malattie infiammatorie croniche dell’intestino, poiché queste sono frequentemente associate alla colangite sclerosante primitiva.

Se non diagnosticata o adeguatamente trattata, la malattia porta una serie di complicanze, tra cui insufficienza e cirrosi epatica, e cancro del colon. Alla diagnosi si arriva valutando i risultati di alcuni esami diagnostico, tra cui:

  • Esami del sangue, con dosaggi per valutare la funzionalità epatica e i livelli di specifici autoanticorpi
  • Colangio-pancreatografia con risonanza magnetica (MRCP)
  • Colangio-pancreatografia retrograda perendoscopica (ERCP)
  • Biopsia epatica

Una volta confermata la diagnosi, però, si pone un problema terapeutico, poiché non esistono terapie specifiche per questa malattia autoimmune del fegato.

Il trapianto di fegato è l’unica opzione risolutiva, ma ci sono varie opzioni che possono essere praticate prima di arrivare ad esso. Ad esempio, i sintomi possono essere alleviati con alcuni trattamenti farmacologici, come l’uso dell’acido ursodesossicolico, e attraverso modifiche alimentari e allo stile di vita. Poiché uno dei fattori peggiorativi della condizione sono le infezioni, le terapie antibiotiche consentono di prevenire alcune complicanze. Allo stesso modo, l’inserimento di stent (tramite chirurgia) nei dotti consente di dilatarli e permettere il passaggio della bile.

Insomma, quando i sintomi si fanno sentire, non trascurateli a lungo. Le malattie autoimmuni del fegato possono avere conseguenze molto spiacevoli.

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Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche
Scritto da Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Da sempre interessata alla divulgazione scientifica e con un'implacabile sete di conoscenza che vorrei condividere, sono Biologa, laureata in Biotecnologie Mediche e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche. Svolgo sia attività libero professionale di Biologo Nutrizionista sia attività di ricerca, presso l’Università "La Sapienza" di Roma.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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