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Puoi essere licenziato per malattia?

Luciana Giancaspro | Blogger

Ultimo aggiornamento – 24 Gennaio, 2018

Licenziamento per malattie: quando sono ammessi?

A volte potrebbe capitare che, a causa di problemi di salute, ci si trovi costretti a dover prolungare i giorni di assenza dal luogo di lavoro. In tale circostanza, la paura di un eventuale allontanamento da parte del datore di lavoro potrebbe sorgere spontanea e ci si potrebbe chiedere: sono leciti i licenziamenti per malattia?

Risulta utile allora fare chiarezza in merito: secondo la legge, un dipendente non può essere licenziato per motivi di salute, a eccezione di due casi che ammettono la fine di un rapporto lavorativo per tale causa. Vediamo quali.

Quando è possibile effettuare dei licenziamenti per malattia

Come già accennato, non è possibile essere licenziati dal lavoro per malattia, a meno che non si presenti una delle seguenti ipotesi:

  • Superamento del periodo di comporto
  • Scarso rendimento del dipendente

Nel primo caso, per comporto si intende un periodo di tempo superato il quale il datore di lavoro è libero di poter effettuare un licenziamento per malattia, qualora lo ritenga opportuno. Tale lasso di tempo, secondo il Codice Civile, non è deciso arbitrariamente da una delle parti ma è determinato dalla legge e dai contratti collettivi.

La maggior parte dei contratti collettivi, infatti, prevede un arco temporale massimo per l’assenza da malattia. Superata tale soglia, il dipendente non è più tutelato dalla legge ed il datore di lavoro può prendere una decisione liberamente. Il superamento del periodo di comporto, non ammette il licenziamento solo in un caso, ovvero quando la malattia del dipendente è stata causata dal lavoro che ha svolto o dall’ambiente (ad esempio posto di lavoro insalubre, rischioso, mancata sicurezza ed infortunio sul lavoro).

Inoltre, secondo la giurisprudenza, il licenziamento dal lavoro per malattia prima della scadenza del periodo di comporto, può avvenire anche per un’altra ragione: scarso rendimento, ovvero quando l’assenza protratta del dipendente provoca un grave danneggiamento all’azienda ed alla sua organizzazione (ad esempio interruzioni della produzione, della catena di montaggio e così via).

A eccezione di queste particolari condizioni, quindi, i licenziamenti per malattia non sono leciti, ma è anche utile ricordare che il pagamento della malattia non è sempre a carico del datore di lavoro. Quest’ultimo, solitamente, ha l’obbligo di pagare la malattia per i primi tre giorni (definiti periodo di carenza), la restante parte spetta all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (Inps).

Calcolo e durata del comporto

Il calcolo del periodo di comporto è molto semplice: secondo i contratti collettivi, bisogna far riferimento all’anno di calendario o all’anno solare.

Per anno di calendario si intende l’arco di tempo che decorre dal primo gennaio al 31 dicembre di ogni anno, mentre quello solare si riferisce a un periodo di 365 giorni a partire dal primo giorno di malattia continuativa (oppure dal primo giorno di licenziamento, effettuando il calcolo a ritroso).

Per ciò che concerne la durata del comporto, essa varia in base alla tipologia del lavoratore. Se il dipendente è – a titolo esemplificativo – un operaio, la durata del comporto è indicata nel contratto collettivo, mentre per gli impiegati essa è stabilita dalla legge ed è pari a tre mesi (con un’anzianità di servizio inferiore ai dieci anni) o sei mesi (con un’anzianità di servizio superiore ai dieci anni).

Indipendentemente dalla categoria di appartenenza, il dipendente ha sempre il diritto di richiedere, prima della scadenza del periodo di comporto, che quest’ultimo sia interrotto per poter godere delle ferie maturate (in modo da posticipare il momento in cui, scaduto il comporto, il datore di lavoro sarà libero di poterlo licenziare).

I licenziamenti per finta malattia

Appare ovvio che però, la tutela legislativa del lavoratore in merito ai licenziamenti per malattia, non si attua nell’ipotesi in cui quest’ultima sia finta. In questo caso infatti, venendo meno i doveri di correttezza, buona fede e fedeltà del dipendente, quest’ultimo potrebbe essere licenziato immediatamente per giusta causa o giustificato motivo.

Si attua, dunque, un comportamento scorretto del lavoratore (come ad esempio svolgere attività incompatibili con l’ipotetica malattia, simulare quest’ultima o non osservare le giuste cautele ritardandone la guarigione) che, se dimostrato, fa decadere tutti i suoi diritti nei confronti del datore di lavoro.

Infine, è importante sottolineare che, prima del termine del comporto, il dipendente potrebbe essere licenziato anche per ragioni non collegate alla malattia come, ad esempio, per crisi aziendale, ristrutturazione interna o per grave colpa da lui commessa.

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Luciana Giancaspro | Blogger
Scritto da Luciana Giancaspro | Blogger

Sono una persona curiosa che ama mettersi in gioco e accettare nuove sfide. Pazienti.it mi dà l’opportunità di approfondire temi di attualità importanti, come quelli relativi alla burocrazia sanitaria, che seguo attentamente da buona economa.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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