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Sepsi: se la vitamina C potesse curarla?

Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice

Ultimo aggiornamento – 24 Maggio, 2017

Sepsi e vitamina C

La sepsi è una complicazione potenzialmente letale che si verifica in presenza di una risposta immunitaria travolgente verso un’infezione provocata da batteri, virus, funghi o protozoi. Anche se spesso si utilizzano “sepsi” e “setticemia” come sinonimi, è necessario sottolineare che con quest’ultima ci si riferisce esclusivamente alla forma batterica più grave e comune di sepsi.

In entrambi i casi, le sostanze chimiche rilasciate nel sangue dal sistema immunitario per combattere l’infezione innescano un’infiammazione sistemica, in grado cioè di coinvolgere l’intero organismo, causando la formazione di coaguli di sangue e diffuse emorragie che possono ridurre o interrompere il flusso sanguigno verso organi e tessuti periferici, privandoli così di sostanze nutritive e ossigeno. Nei casi più gravi uno o più organi vanno incontro a incapacità di svolgere la propria funzione e la pressione sanguigna diminuisce così drasticamente da esporre il soggetto a conseguenze fatali (shock settico).

Come è ovvio, ne sono maggiormente colpite le persone con difese immunitarie basse, come anziani e bambini, con numeri allarmanti. In Europa si verificano ogni anno circa 400 casi di sepsi ogni 100 mila abitanti. Solo in Italia, ne muoiono circa 60 mila. In America, invece, a causa di questa infiammazione, muoiono circa 300 mila persone ogni anno, rendendo tale condizione la prima causa di morte negli ospedali.

Appare quindi inevitabile rallegrarsi per la scoperta di un possibile trattamento efficace per la sepsi: vediamo insieme di cosa si tratta!

La vitamina C per curare i pazienti affetti da sepsi e setticemia

Tutto è iniziato quando il Dr. Paul Marik, della Eastern Virginia Medical School in Norfolk, gestiva l’unità di terapia intensiva del Sentara Norfolk General Hospital. Nel gennaio del 2016, infatti, gli si presentò una donna di 48 anni con una forma di sepsi così grave da impedirle il corretto funzionamento dei reni e dei polmoni. La situazione era così disperata che solo pensando fuori degli schemi, la paziente sarebbe potuta sopravvivere.

Fortunatamente il Dr. Marik si è ricordato uno studio condotto dai ricercatori della Virginia Commonwealth University di Richmond, nel quale il Dr. Berry Fowler ed i suoi colleghi mostravano come il trattamento con vitamina C per via endovenosa riscuotesse un moderato successo nel trattamento di pazienti con sepsi.

Vista la situazione disperata, il Dr. Marik ha deciso di testare nuovamente questo metodo, abbinandolo al trattamento classico per la sepsi (una bassa dose di corticosteroidi) e ad un’altra vitamina, la tiamina.

La mattina dopo, contro ogni prognostico, la paziente iniziava già a riprendersi.

Il Dr. Marik ha quindi provato lo stesso trattamento con i successivi due pazienti con sepsi. Anche in questo caso è rimasto altrettanto sorpreso, tanto da iniziare a curare regolarmente tutti i pazienti affetti da sepsi con lo stesso mix di vitamine e steroidi.

Dopo aver somministrato questo trattamento a 50 pazienti, ha quindi deciso di analizzare i dati ottenuti: solo 4 di questi 47 pazienti è morto in ospedale e tutti per malattie differenti dalla sepsi. Dei 47 pazienti con sepsi che si sono rivolti all’ospedale prima dell’inizio della sperimentazione di questo nuovo trattamento, invece, 19 sono morti.

Ovviamente questo non è un metodo rigoroso per valutare un potenziale nuovo trattamento e pertanto non lo si può considerare un risultato effettivo. Solitamente, infatti, vengono trattati due campioni in parallelo: il primo con un trattamento placebo e il secondo con il trattamento “da testare”.

Come sottolinea il Dr. Craig Coopersmith, professore di chirurgia della Emory University School of Medicine, tale trattamento non è stato ancora convalidato. Pertanto, la cautela è d’obbligo: non sarebbe infatti il primo di molte nuove terapie per la sepsi a non superare le successive ricerche follow-up. Il risultato, infatti, potrebbe apparire rivoluzionario quando il trattamento è operato su un gruppo limitato di pazienti in un dato ospedale ma non rivelarsi davvero efficace quando è applicato ad un gruppo più grande in centri differenti.

In ogni caso, lo stesso Dr. Coopersmith evidenzia che se tale trattamento fosse verificato e validato, sarebbe rivoluzionario: cambierebbe sia il trattamento della sepsi, ma soprattutto si ridurrebbe la mortalità di tale malattia.

Per ora, il nostro Dr. Marik ha curato ben 150 pazienti: uno soltanto è morto a causa della sepsi. E questo incredibile risultato ci fa ben sperare!

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Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice
Scritto da Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice

Diplomata al Liceo Scientifico PNI in Matematica, ho iniziato i miei studi presso la facoltà di Biotecnologie dell’Università degli Studi di Milano, successivamente ho prediletto la facoltà di Science Communication & Bionics presso una Università Internazionale con sede in Germania. Attualmente sto assistendo in un progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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