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Pamela Anderson guarisce dall’epatite C: occhi puntati sui nuovi trattamenti

Stefania Virginio

Ultimo aggiornamento – 11 Gennaio, 2021

Se anche Pamela Anderson, dopo ben 13 anni, può tirare un sospiro di sollievo, allora anche le altre persone affette da epatite C possono sperare in una pronta guarigione. L’ex playmate, infatti, ha iniziato da pochi mesi una nuova cura approvata dalla FDA, l’apposito ente americano.

Quando si parla di Epatite C cosa si intende?

L’epatite C è una malattia virale che provoca l’infiammazione del fegato e che può portare a una ridotta funzionalità epatica o a un’insufficienza epatica.

La maggior parte delle persone infettate da HCV non hanno sintomi della malattia, fino a che il danno al fegato non diventa evidente, il che può richiedere diversi anni. Alcune persone con infezione cronica da HCV sviluppano una scarsa funzionalità del fegato (cirrosi) nel corso di molti anni, la quale può portare a complicanze, come sanguinamento, ittero (occhi o pelle giallastri), accumulo di liquido nell’addome, infezioni o cancro al fegato.

Le persone che sono affette da epatite C hanno solo il 30% di possibilità di sconfiggere il virus HCV, attraverso il sostegno dei propri globuli bianchi e, nei casi migliori, il tempo richiesto è di circa 6 mesi. Il restante 70%, più debole, sviluppa un’infezione più acuta e richiede quindi una cura aggressiva e mirata.

Quali sono le cause che provocano l’Epatite C?

Il virus HCV è la causa principale di questa malattia del fegato. Il modo in cui si contrae è il contatto del sangue infetto con quello di una persona sana.

Come viene trasmessa questa infezione?

Il motivo più frequente per cui le persone si ammalano di epatite C è l’utilizzo di aghi non sterilizzati. Questi dovrebbero venir usati una volta sola e da una sola persona.

Ci sono anche altri mezzi di trasmissione che facilitano il diffondersi del virus e riguardano comunque il contatto sanguigno tra una persona ammalata e una sana, per esempio utilizzando lo stesso spazzolino, lo stesso rasoio, gli stessi aghi, sia quelli dei dentisti che quelli dei tatuatori. Non si deve dimenticare che anche il sesso non protetto con una persona infetta può portare al contagio, e non solo dell’epatite C, ma anche di altre malattie.

Si può guarire da Epatite C?

I pazienti affetti dal virus dell’epatite C sembrano avere delle ottime possibilità di guarigione nei 6 mesi successivi all’inizio della terapia standard con l’interferone. Prova ne è proprio Pamela Anderson che aveva iniziato la cura ai primi di agosto e, dopo pochi mesi, può già dichiararsi completamente sana. Nei primi 2-4 mesi dall’inizio della cura, infatti, si possono vedere i primi risultati positivi.

Il trattamento per debellare il virus cronico da HCV si basa sulle linee guida della Società Americana sulle Malattie Infettive e su quello dell’Associazione Americana per lo studio delle Malattie del Fegato. Queste linee guida vengono costantemente aggiornate.

Esse prevedono che, siccome non tutti i pazienti possono ricevere immediatamente il trattamento con i nuovi agenti, la priorità debba venir data a coloro che hanno una situazione più grave. Le raccomandazioni sono le seguenti:

  • i pazienti con fibrosi avanzata, quelli con cirrosi, i trapiantati di fegato e quelli affetti da grave epatite extraepatica devono avere massima priorità;
  • i pazienti ad alto rischio di complicanze epatiche e con gravi complicazioni extraepatiche dovrebbero venir trattati immediatamente dopo i primi.

Dopo uno studio a lungo termine, durato 20 anni, su 820 pazienti affetti da fibrosi F1, confermata da biopsia, si è rilevato che il tasso di sopravvivenza dopo 15 anni è stato significativamente migliore per coloro che hanno sperimentato la nuova cura rispetto a quelli il cui trattamento non era riuscito o per coloro che sono rimasti non trattati.

Il trattamento dell’infezione cronica da virus dell’HCV ha 2 obiettivi. Il primo è quello di realizzare l’eradicazione dell’HCV, rilevando la persistente assenza del virus nel siero dopo 6 mesi, o più, il completamento del trattamento antivirale. Il secondo obiettivo è quello di prevenire la progressione verso la cirrosi, il carcinoma epatocellulare e la malattia epatica scompensata, patologie che richiedono il trapianto di fegato.

La terapia antivirale per l’Epatite cronica C dovrebbe essere determinata caso per caso. Tuttavia, il trattamento è ampiamente raccomandato per i pazienti con elevata aminotransferasi (ALT); i presupposti per questa cura devono soddisfare i seguenti criteri:

  • età superiore ai 18 anni;
  • risultare positivo all’HCV;
  • essere affetti da una malattia epatica compensata;
  • emoglobina di almeno 13 g / dl per gli uomini e 12 g / dl per le donne;
  • conta dei neutrofili> 1500 / mm3;
  • creatinina sierica <1,5 mg / dl;
  • la volontà di venir trattati con questa cura;
  • non avere controindicazioni per il trattamento.

Un ulteriore criterio di cui tener conto è la biopsia epatica, consistente in una diagnosi di epatite cronica. Tuttavia, una biopsia epatica pre-trattamento non è obbligatoria. Può essere utile in alcune situazioni, come ad esempio in pazienti con livelli di transaminasi normali, in particolare quelli con una storia di dipendenza da alcol, nei quali può esistere una scarsa correlazione tra i livelli degli enzimi epatici e i reperti istologici.

La soppressione della carica virale riduce il rischio di Epatite C. Dopo uno studio di Veterans Affairs, che ha misurato l’incidenza dell’HCV in 128.769 pazienti per più di un decennio, i ricercatori hanno scoperto che coloro che hanno raggiunto una carica virale di HCV non rilevabile hanno avuto una diminuzione del rischio di una successiva mortalità. La soppressione della carica virale ha ridotto il rischio di eventi epatici futuri del 27%, così come ha ridotto il rischio di morte del 45%, rispetto ai pazienti che non avevano ottenuto la soppressione della carica virale.

Tra l’intera popolazione studiata, solo il 24% era stato trattato in precedenza per l’HCV; di questi pazienti, solo il 16% (4% di tutti i pazienti) ha raggiunto una carica virale non rilevabile.

Il trattamento dell’Epatite C si è evoluto nel corso degli anni. Gli studi iniziali utilizzavano l’IFN in monoterapia. Successivamente, una combinazione di ribavirina e IFN o di IFN, alla quale sono state aggiunte molecole polietilenglicole, è risultata più efficace. Il 19 dicembre del 2014, la FDA ha approvato la combinazione di ombitasvir / paritaprevir / ritonavir e dasabuvir per il trattamento di genotipo 1 di epatite C cronica in pazienti adulti, inclusi i pazienti con cirrosi compensata. Questo regime completamente orale può essere utilizzato con o senza ribavirina.

Sono stati scoperti nuovi trattamenti?

La Food and Drug Administration ha approvato la Daklinza, da utilizzare con il Sofosbuvir per il trattamento del virus dell’epatite C (HCV) di genotipo 3. La Daklinza è il primo farmaco che ha dimostrato con sicurezza ed efficacia il trattamento da infezioni di HCV di genotipo 3, senza la necessità di co-somministrazione di interferone o ribavirina, due farmaci approvati dalla FDA utilizzati anche per trattare l’infezione da HCV.

Edward Cox, il direttore dell’Ufficio di prodotti antimicrobici del Centro della FDA, ha dichiarato che è stata approvata una nuova opzione per i pazienti con genotipo 3 di HCV, inclusi quei pazienti che non possono tollerare la ribavirina.

La sicurezza e l’efficacia della Daklinza, in combinazione con il Sofosbuvir, sono state valutate in uno studio clinico su 152 partecipanti al trattamento, affetti da genotipo dell’HCV cronico 3. I partecipanti hanno ricevuto la Daklinza a 60 mg più il Sofosbuvir a 400 mg, una volta al giorno, per 12 settimane e sono stati monitorati per 24 settimane dopo il trattamento. Gli studi sono stati progettati per misurare se il virus dell’Epatite C di un partecipante si ripresenta nel sangue 12 settimane dopo la fine del trattamento, la sua assenza suggerirebbe che l’infezione è stata curata.

Gli effetti indesiderati più comuni dall’utilizzo di Daklinza sono stati affaticamento e mal di testa.

 

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Stefania Virginio
Scritto da Stefania Virginio

Sono Stefania e sono una friulana doc! Da quando mi hanno dato in mano la prima matita alle elementari non ho mai smesso di scrivere, e nemmeno di leggere tutto quello che mi passa sotto gli occhi.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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