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Cosa fare (e non fare!) in caso di pubalgia

Martina Valizzone | Psicologa

Ultimo aggiornamento – 24 Luglio, 2017

pubalgia: le cause, i sintomi e le cure più efficaci

L’ernia dello sportivo – o più comunemente pubalgia – si manifesta come un dolore duraturo e persistente all’inguine. Si tratta di un disturbo molto comune per chi pratica degli sport che prevedono movimenti intensi di torsione o di piegamento in potenza.

Le attività sportive maggiormente a rischio pubalgia sono rappresentate in primo luogo dal football, hockey, rugby, calcio, tennis, danza e dalla corsa. Partecipare frequentemente a questo tipo di attività sportive può provocare un sovraccarico sui tendini e sulle ossa presenti nella regione pubica e provocare anche più di uno strappo che può sfociare in un osteite pubica o una tendinopatia all’adduttore.

Vediamo insieme le cause della pubalgia e il trattamento migliore per alleviare i sintomi.

Le cause della pubalgia

Secondo diversi studi, si possono distinguere addirittura 72 cause in grado di provocare la pubalgia: queste comprendono una vastissima gamma di problematiche muscolari, ossee, nervose, sistemiche, croniche e anche degenerative.

In genere la causa è un eccessivo utilizzo e/o sforzo dei muscoli adduttori della coscia, eventualmente associata a microtraumi ripetuti.

Solitamente i traumi ripetuti e una sollecitazione eccessiva della zona inguinale, sono spesso responsabili dello squilibrio della sinfisi pubica e degli ossi pubici che, facendo pressione sulla parete posteriore del canale inguinale, provocano strappi, indebolimento del tessuto addominale e lesioni o strappi a tendini, legamenti e muscoli.

Secondo alcune statistiche, il sesso maschile ha 10 volte più possibilità di soffrire di pubalgia rispetto al sesso femminile. Inoltre, i fattori di rischio di questa patologia sembrerebbero essere principalmente correlati all’avanzare dell’età e quindi all’indebolimento del tessuto muscolare. Altri fattori di rischio rilevanti sono rappresentati dall’obesità e dall’aver subito traumi o interventi chirurgici in quest’area del corpo così delicata.

I sintomi e la diagnosi

I sintomi della pubalgia possono essere riassunti come dolori lancinanti nella zona della sinfisi pubica e addominale. Il dolore si allevia con il riposo, e si manifesta non appena si riprende la consueta attività sportiva, specialmente se questa prevede frequenti movimenti di torsione. Senza trattamento, questa lesione può divenire cronica, e impedire lo svolgimento dell’attività sportiva e delle normali attività quotidiane.

La pubalgia viene considerata una condizione non semplice da inquadrare, sia per la complessità della regione anatomica interessata sia perché il quadro sintomatologico è ascrivibile anche ad altre condizioni patologiche.

Il medico, attraverso un semplice esame fisico, dovrebbe essere in grado di diagnosticare la pubalgia manipolando gli arti interessati. A seguito dell’esame fisico, è possibile che il medico prescriva alcuni indagini strumentali come la radiografia, la TAC o la risonanza magnetica per determinare che il disturbo in questione sia o meno pubalgia.

Cosa fare se si soffre di pubalgia?

Prima di tutto – come sempre! – è doveroso parlare di prevenzione. Si consiglia infatti di utilizzare le dovute precauzioni quando si praticano sport ad alto rischio pubalgia, quindi effettuare periodicamente il potenziamento della muscolatura addominale, prestando particolare attenzione al riscaldamento prima di ogni seduta di allenamento.

Se invece si sospetta una pubalgia, la prima cosa da fare è dedicarsi al riposo, interrompere l’attività sportiva e consultare il proprio medico per intraprendere il trattamento più adatto alle vostre esigenze e condizioni di salute. Se invece si è già sofferto di pubalgia in passato, è consigliabile ridurre l’intensità degli allenamenti ed iniziare progressivamente l’attività sportiva: riscaldatevi sempre in maniera adeguata, senza dimenticare l’importanza dello stretching!

In ogni caso, la pubalgia non va mai sottovalutata e occorre intervenire tempestivamente e con decisione per evitare che questa si cronicizzi. Vediamo dunque quali sono i trattamenti e la cura per la pubalgia.

Curare la pubalgia: ecco come

Nei primi 7-10 giorni dopo la lesione, il trattamento più frequentemente proposto è il riposo e la crioterapia, con l’applicazioni di impacchi freddi per attenuare la flogosi e fasciature di contenzione ed elevazione degli arti inferiori.

A due settimane dall’infortunio sarà possibile iniziare la fisioterapia, con lo scopo di potenziare la zona del cingolo addominale e dei muscoli dell’interno coscia.

Se il dolore persiste il vostro medico vi potrebbe raccomandare l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei come l’ibuprofene o il naprossene per ridurre il gonfiore e il dolore. Nei casi più severi è possibile arrivare persino alla prescrizione di iniezioni di cortisone.

Quando i trattamenti conservativi non sortiscono alcun effetto, si consiglia l’intervento chirurgico in laparoscopia o endoscopia. Il recupero post-operatorio consente già a 6-12 settimane di iniziare programmi di riabilitazione volti a riguadagnare forza e resistenza.

Vi ricordiamo di non sottovalutare i sintomi della pubalgia e, in attesa di consultare il vostro medico, state a riposo!

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Martina Valizzone | Psicologa
Scritto da Martina Valizzone | Psicologa

Sono una psicologa dell'età evolutiva, con una specializzazione in psicoterapia sistemico relazionale. In ambito lavorativo, mi occupo principalmente di terapie individuali e familiari e, da qualche anno, di psicologia dell'educazione, lavorando alla progettazione e realizzazione di interventi psico-pedagogici in ambito scolastico ed extrascolastico.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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